Pubblicato originariamente come Resistenza al Governo Civile negli Stati Uniti nel 1849, il libro di Thoreau ha avuto un’influenza notevole nelle rivoluzioni e manifestazioni del XX secolo. Anche se nella metà degli anni ’50 il senatore Joseph McCarthy del Wisconsin l’aveva tolto dalle biblioteche, negli anni ’40 fu letto dalla resistenza danese, negli anni ’50 ha segnato le persone che si opposero al McCarthismo, negli anni ’60 fu essenziale per la lotta contro l’apartheid in Sud Africa, e negli anni ’70 fu riscoperto da una generazione nuova di attivisti contro la guerra in Vietnam.

Scritto all’interno di un contesto molto preciso, settanta anni dopo l’indipendenza e venti anni prima della guerra civile, Disubbidienza Civile ritrae il governo americano come una macchina che ha utilizzato il potere per controllare l’individuo, togliendogli la sua capacità di coscienza e la sua riconoscibilità come uomo. “Il governo non è altro che una convenienza” (paragrafo 1 parte I), il governo non è altro che pochi individui che utilizzano il potere come uno strumento per attuare ciò che è vantaggioso e non necessariamente giusto. Il governo è una macchina complicata che soddisfa l’idea stessa di governo. Il governo dimostra quanto l’uomo si sia lasciato condizionare. Il governo non mantiene il paese libero, non educa il suo popolo, e abusa della volontà dell’individuo. L’esercito, essendo il braccio destro del governo, prolunga il suo potere.

Come teorico, Thoreau chiede non un governo che governi meno, ma uno che non governi affatto: “That government is best which governs not at all”. (paragrafo1 parte I) Come cittadino, chiede non un governo in assoluto, ma in assoluto un miglior governo: “I ask for, not at once no government, but at once a better government.” (paragrafo 3 parte I)
Dando la priorità al suo ruolo come cittadino, Thoreau insiste che si deve essere consapevoli del governo che comanda, e si deve condurlo verso la situazione in cui la maggioranza decide sulla coscienza e non sulla base del giusto e dell’ingiusto. Non è possibile che l’individuo decida di cedere la sua coscienza al legislatore, il ruolo della coscienza dell’uomo infatti è quello di coltivare un rispetto per il giusto piuttosto che per la legge. La legge non ha fatto l’uomo più giusto, bensì la legge ha creato una piattaforma più favorevole per la rimozione di se stessa.

Nella prima parte del testo, l’autore presenta la sua prima tesi. La nascita dello stato, ha fatto sì che l’individuo perdesse la visione, la consapevolezza sulla propria vita naturale, ovvero, la capacità di vedere la vita come un susseguirsi di scelte sul giusto e non condizionata dalla norma: arriverà il giorno in cui le maggioranze decideranno sulla base del giusto piuttosto che sulla convenienza? Si può pensare alla convenienza per tanti e non di pochi?

Fin dall’inizio si percepisce il pensiero rivoluzionario di Thoreau, spinto da un desiderio romantico di uguaglianza, indipendenza e libertà. Nel suo linguaggio troviamo la gloria dell’eroe, la faticosa ricerca di un uomo “with a genius for legislation.” (paragrafo 18, parte III)

“We should be men first and subjects afterward,”(paragrafo 4 parte I) che vuol dire che la coscienza è dell’uomo; la legge, ignorando e togliendo questo diritto naturale alla coscienza, ha creato soggetti sempre meno autorevoli rispetto alla loro vita.
La massa degli uomini serve lo stato non come uomini ma come macchine.

Tutti gli uomini hanno il diritto alla rivoluzione, e quando la macchina stimola l’oppressione e il furto, devono chiedere e far sì che la macchina venga distrutta.
Non è troppo presto, scrive Thoreau, per gli uomini onesti ribellarsi contro un sistema che ha messo in atto la schiavitù e che ha lasciato dirigere un paese dalla legge militare. Vivendo nello stato del Massachusetts dove ancora c’era la schiavitù, e opponendosi alla guerra in corso nel Messico, l’autore rimprovera chi aspetta che qualcun altro combatta la cattiveria di pochi mercanti interessati al commercio e all’agricoltura e non all’umanità. Non basta essere in disaccordo per cambiare la situazione dello schiavo o del soldato. Quest’ultimo, partecipando alla guerra, ha perso la sua coscienza d’individuo ed allo stesso tempo la percezione dell’altrui diversità.

Nell’attesa, gli uomini provano a fare una piccola petizione attraverso il voto. E il voto per Thoreau è: “a sort of gaming, like checkers or backgammon, with a slight moral tinge to it, a playing with right and wrong, with moral questions; and betting naturally accompanies it.”(paragrafo11 parte I) La gente non ha il coraggio di votare la cosa giusta, e il fatto che sia obbligatorio sorpassa la sua condizione di convenienza. Il giorno in cui la gente deciderà di votare per l’abolizione della schiavitù, sarà per la sua indifferenza ad essa.

“The American has dwindled into an Odd Fellow-one who may be known by the development of his organ of gregariousness, and a manifest lack of intellect and cheerful self-reliance; whose first and chief concern, on coming into the world, is to see that the almshouses are in good repair; and; before yet he has lawfully donned the virile garb, to collect a fund for the support of the widows and orphans that may be; who in short ventures to live only by the aid of the Mutual Insurance company, which has promised to bury him decently.” (paragrafo12, parte I)

L’ordine indipendente degli Odd Fellows è uno dei più grandi e antichi ordini fraternali degli Stati Uniti. Fondato in Inghilterra nel XVII s. sotto tre simboli fondamentali: amicizia, amore e verità, riuscissero a emanciparsi anche nel nuovo continente dal 1819. Thoreau prende come esempio questo ordine basato su principi religiosi e non-politici, per affermare la degenerazione dell’uomo americano, fedele ad un Essere Supremo ed a sua volta apatico ai problemi in corso più concreti.

Questa alleanza è il peccato che porta all’indifferenza. L’indifferenza e l’apatia fanno sì che l’immorale diventi amorale, ovvero, la perdita di coscienza dell’individuo lo rende immorale, e la sua apatia verso la scelta di un governo migliore si rivolge così verso l’amoralità.

L’essenza rivoluzionaria consiste nell’ azione dell’individuo che parte da un principio: la percezione e la messa in pratica del giusto. La legge ingiusta esiste e non dovremmo essere disposti a ubbidire. Dobbiamo rompere le regole, lasciar andare la macchina del governo se l’ingiustizia fa parte del suo ingranaggio.

L’incontro con l’esattore delle tasse diventa per Thoreau il momento per mettere in atto la rivoluzione: se ci fossero uomini onesti che coraggiosamente rinunciassero a pagare le tasse, si potrebbe pensare ad una rivoluzione. Se tutti gli uomini onesti non pagassero le tasse, andrebbero tutti in prigione a fare resistenza, perché sotto un governo che imprigiona ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto è la prigione stessa.

“It is there that the fugitive slave, and the mexican prisioner on parole, and the indian come to plead the wrongs of his race, should find them; on that separate, but more free and honorable ground, where the state places those who are not with her, but against her-the only house in a slave state in which a free man can abide with honor”. (paragrafo 9 parte II)

La rivoluzione pacifica è il rifiutarsi di pagare le tasse. Non c’è nessun indizio violento o sanguinario. L’agente del governo, non sapendo come reagire a questo atteggiamento, chiederà come comportarsi, e l’uomo onesto gli dirà di smettere il suo mestiere e far sì che la rivoluzione avanzi. In questa seconda tesi, l’autore enfatizza l’animo ribelle di quello che sarebbe l’uomo che non è alleato con il governo e che stimola gli agenti a lasciare il loro lavoro, a prendere coscienza su quello che in realtà è la libertà.

Mentre Thoreau faceva il preside in una scuola, lo stato era venuto nella forma della chiesa, alla richiesta di una somma di denaro:“I did not see why the schoolmaster should be taxed to support the priest, and not the priest the schoolmaster: for I was not the State’s schoolmaster, but I supported myself by voluntary subscription.” (paragrafo 12, parte II) Se Thoreau si fosse rifiutato sarebbe andato in prigione ma qualcun altro ha pagato per lui, dopodiche ha dichiarato:
“Know all men by these presents that I, Henry Thoreau, do not wish to be regarded as a member of any incorporated society which I have not joined. This I gave to the town clerk; and he has it. The State, having thus learned that I did not wish to be regarded as a member of that church, has never made a like demand on me since; though it said that it must adhere to its original presumption of that time. If I had known how to name them, I should then have signed off in detail from all the societies which I never signed on to; but I did not know where to find a complete list.” (ibidem)

Rifiutandosi di pagare la poll-tax per sei anni, Thoreau venne messo in carcere per una notte. La poll-tax era una tassa che veniva pagata da ogni singolo individuo prima di votare. Racconta l’autore, che l’esperienza di stare proprio dentro all’istituzione, gli ha fatto capire quanto lo stato non prenda in considerazione il valore dell’uomo, che sia esso intellettuale o morale, ma soltanto il suo corpo, i suoi sensi. Il governo non è armato di superiore onestà o saggezza, ma di forza fisica.

“It was like travelling into a far away country,” (paragrafo 4 parte III) la città, Concord, come un borgo medioevale fatto di visioni di cavalieri e di castelli li passavano davanti. Stare dentro all’istituzione stessa, gli ha fatto percepire la sua città da un punto di vista più vicino; dalla sua finestra ascoltava l’orologio come non era mai stato ascoltato. Dentro le mura in pietra, Thoreau ha vissuto il quotidiano di un prigioniero, dalla mattina quando si alzavano per lavorare nei campi, fino alla sera quando si ricordavano versi scritti da chi provava a fuggire e non era riuscito.
“It was formely a custom in our village, when a poor debtor came out of jail, for his acquaintances to salute him, looking through their fingers, which were crossed to represent the grating of a jail window, How do ye do? My neighbours did not thus salute me, but first looked at me, and then at one another, as if I had returned from a long journey.” (paragrafo 7 parte III)

bibliografia

Cage, John. A year from Monday. Wesleyan University Press, Middletown Conneticut: 1963-1967.
John Cage, edited by Richard Kostelanetz, Praeger Publishers, New York, Washington:1970
Debord, G. La società dello spettacolo. Baldini Castoldi Dalai, Milano: 2001
Thoreau,H. Walden and Civil Disobedience. Penguin Books,1986


Disubbidienza Civile: il soggetto e la perdita della coscienza
di A.B.


Se i suoi vicini hanno continuato a pagare le tasse per lui, è perché non avevano capito che non bisogna fare interferire i sentimenti personali con la questione pubblica.

“Anarchism, then, really stands for the liberation of the human mind from the dominion of religion; the liberation of the human body from the dominion of property; liberation from the shackles and restraint of government. Anarchism stands for a social order based upon the free grouping of individuals for the purpose of producing real social wealth….” (John Cage, Anarchism,1970)

E’ da John Cage che ha scaturito il mio interesse di leggere H.Thoreau. Disubbidenza Civile, essendo un testo politico è riuscito a infiltrarsi dentro la piattaforma dell’arte dei primi deceni del XX secolo. Non a caso, la maggioranza dei testi scritti da Cage, ritrae il concetto di “no government” trattato da Thoreau all’inizio della sua tesi. La libertà restituita ad un individuo per il pieno svilupo di tutti i poteri: materiale, intelletuale e morale.

Cage ha preso i concetti di arte e anarchia come modelli per il suo progetto di vita. Tanto nei testi quanto nelle opere musicali, riconosciamo una ricerca per la liberazione dalle diverse restrizione dell’individuo nella società.

In risposta alla pittura moderna e alla scultura, rivoluzionò il modo di fare musica, perché gli era ugualmente importante che ci fosse un dialogo tra le varie arti. Faccendo un esempio chiaro, l’opera 4’33’’ del 1952, è in relazione con il concetto del non-dire nell’opera di Duchamp Con la lingua sulla guancia del1959.

Andare in scena davanti ad un piano forte, rendendo audibile l’attesa stessa del pubblico, ha fatto sì che qualsiasi rumore diventasse una nota musicale così come ogni suono della natura ha il suo proprio tempo e la sua spazialità: “the observer listener is able to stop saying I don’t understand, since no point-to point linear communication has been attempted. He is at his own center (impermanent) of total space-time.” (Cage,1960)

L’opera di Duchamp è un calco dellla sua lingua sulla guancia sovraposto ad un disegno del suo profilo. L’espressione linguistica “with my tongue in my cheek” è non voler parlare. E’ il gesto che rifiuta il linguaggio stesso, ma a sua volta è l’essere come tale nel linguaggio del corpo. Il gesto è il mezzo dal quale gli artisti communicano; in questo caso especifico, Duchamp attua la sua potenza nel non dire, come Cage nel atto di non-suonare il pianoforte. Il gesto di non-dire e di non-suonare è l’individuo libero di linguaggio.

Nel 1953, Robert Rauschenberg mostrava le sue White Paintings alla Stable Gallery faccendo imbizzarrire il pubblico newyorkese. La galleria, faccendo ancora più forte lo statement tanto del lavoro come dell’artista, mette in mostra il seguente testo scritto da Cage:


“To whom
No subject
No image
No taste
No object
No beauty
No message
No talent
No technique (no why)
No idea
No intention
No art
No feeling
No black
No white (no and)” (Ayear from Monday, 1963)

Quello che ci fa capire Cage in queste poche righe, è che la pittura arriva ad un punto in cui può soffrire delle trasformazioni da qualsiasi mezzo esterno ad essa. Ovvero, lo spazio vuoto come la negazione dell’immagine, fa sì che qualsiasi gesto possa essere la communicabilità della pittura nel momento in cui chiunque ce l’abbia davanti.
E’ chiaro che il dadaismo “abolendo l’arte senza realizarla”(Debord, 191), abbia contribuito, al fatto che Rauschenberg riuscisse a fare un’immagine che si trasformasse con le condizione dell’ambiente.
Se voleva dire che l’uomo ha perso la visione sulle cose che ci circondano, allora possiamo dire che anche l’arte in questo senso, ritrae l’apatia dell’uomo verso i processi attivi che lo controllano.


"We don't need government
We need utilities.

Air, water, energy
Travel and communication means
Food and shelter.

We have no need for imaginary mountain ranges
Between separate nations.

We can make tunnels through the real ones.

Nor do we have any need for the continuing division of people
Into those who have what they need
And those who don't.

Both Fuller and Marshal McLuhan
Knew, furthermore
That work is now obsolete.
We have invented machines to do it for us.

Now that we have no need to do anything
What shall we do?

Looking at Fuller's geodesic world map
We see that the Earth is a single island, Oahu.
We must give all the people all they need to live
In any way they wish.

Our present laws protect the rich from the poor.

If there are to be laws, we need ones that
Begin with the acceptance of poverty as a way of life.

We must make the world safe for poverty Without dependence on government."
(John Cage, published by Kostelanetz,1970)


Così come un uomo per Thoreau era semplicemente un uomo, un suono per Cage era semplicemente un suono; le illusioni su idee di ordine ed espressioni di sentimenti sono lasciate da parte, è la curiosità dell’uomo che muove le leggi naturali del mondo.

“Our intention is to affirm this life, not to bring order out of chaos or to suggest improvements in creation, but simply to wake up to the very life we’re living, which is so excellent once one gets one’s mind and one’s desires out of it’s way and let’s it act of it’s own accord.” (John Cage, Silence,1961)

Che cosa sucederebbe se gli individui perdessero, da un giorno al’altro il linguaggio, la capacità di communicare tra di loro? Non è, in assoluto impossibile. Si potrebbe pensare che le differenze culturali, creano spazi invisibili, confini nella terra dove non c’è possibilità al dialogo. Potrei fare vari esempi: La zona del Caguàn in Colombia, creata nel 1998 per il processo di pace tra guerriglia e governo, era uno spazio creato per il dialogo. Durante cinque anni, hanno provato a mettere sul tavolo le differenze per il guadagno di tutti; nonostante le buone intenzioni, il diaologo non si è mai creato. L’ansia di potere elimina la diversità, ma non vuol dire che l’ accetti. Il problema colombiano è una lotta per la convenienza, per non dire di vendetta. Così come la guerra occidente-oriente, mettendola in termini schietti, è la lotta per la convenienza.

Direi che la perdita di coscienza dell’individuo ha creato una perdita della memoria colettiva. Non è che la guerriglia colombiana pensa ad un vantaggio per tutto il popolo e non direi nemmeno che sia il governo a farlo; direi piuttosto che non esiste una coscienza del popolo colombiano che è sempre stato culturalmente eterogeneo, e che dai giorni della colonizazione è stato sempre in guerra, sia santa sia fredda. Se il paese ha accettato l’influenza spagnola, inglese e americana avendo come base un popolo che adorava ancora nel cinquecento le forze della natura, non si capisce perché una volta accetata la diversità adesso venga usata come un arma di doppio filo.

La guerra in corso in Colombia va avanti da decenni, è come se fosse un paese che vive con la lingua sulla guancia. Nessuno conosce realmente le soluzioni ma nessuno pensa veramente alla possibilità del dialogo. Regna il gesto inespressivo, il gesto della apatia e della indifferenza. Non è proprio come direbbe Cage: la libertà dell’individuo davanti al linguaggio; è piuttosto la impossibilità di riconoscerci come uomini dentro il linguaggio stesso.

“We should be men first, and subjects afterward.”
H. Thoreau, 1848