Lunedì sera -- leggere, procedere: il lavoro, l'essere comune e lo spazio dell'apparenza -- p art 2-- 30.05.05        

 

Tematica:

 

1. Su questo lunedì
About this Monday

2. Sulle tappe del procedere

 

Links:

http://www.16beavergroup.org/monday/

http://perso.wanadoo.fr/marxiens/politic/tiqqun.htm
http://www.disgiunzioni.it


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1. Su questo lunedì

Cosa: leggere, procedere: il lavoro, l'essere comune e lo spazio dell'apparenza --

Quando: lunedì 30 maggio, h 19.00

Dove: da Piazza San Marco, sotto al Campanile, cercando di raggiungere il ponte della Libertà

Chi: tutti sono invitati

Partendo da San Marco procederemo leggendo alcuni brani brani tratti da diversi testi sul tema del lavoro, l'essere comune e dello spazio dell'apparenza.

Questo evento è collegato all'incontro che è avvenuto ieri a New York. Per maggiori informazioni:

http://www.16beavergroup.org/monday/

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1. About this Monday

What: read, proceed: work, the being in community and the space of appereance --

When: Monday 30 May, 7 p.m.

Where: from Piazza San Marco, near to the Campanile, trying to reach the bridge of Freedom

Who: all are invited

Starting from San Marco Square we'll walk and read some excerpt from different books on the topic of work, being in community and the space of appereance.

This event is linked to another one that took place yesterday in New York. For more information you can take a look at the website:
http://www.16beavergroup.org/monday/

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2. Sulle tappe del procedere

Prima tappa

  14.      Non c'è comunità se non nei rapporti singolari. Non c'è mai la comunità, ma della comunità che circola.

Glossa a: la comunità non designa mai un insieme di corpi concepiti indipendentemente dal loro mondo, ma una determinata natura dei rapporti tra questi corpi, e di questi corpi con il loro mondo. La comunità, dal momento in cui vuole incarnarsi in un soggetto isolabile, in una realtà distinta, dacché vuole materializzare la separazione tra un fuori e un dentro, si trova a confrontarsi con la propria impossibilità. Questo punto di impossibilità è la comunione. La totale presenza a sé della comunità, la comunione, coincide con la dissipazione di ogni comunità nei rapporti singolari, con la sua assenza tangibile.

Glossa b: ogni corpo è in movimento. Anche se immobile, esso viene in presenza, mette in gioco il mondo che lo porta, va verso il suo destino. Parimenti certi corpi vanno insieme , tendono, inclinano l'uno verso l'altro: c'è tra loro della comunità. Altri si evitano, non si compongono, stridono. Nella comunità di ogni forma-di-vita rientrano anche delle comunità di cose e di gesti, di abitudini e di affetti, una comunità di pensieri. Non a caso i corpi privi di comunità sono per ciò stesso privi di gusto : non vedono che certe cose vanno insieme e altre invece no.

  15.      La comunità non è mai la comunità di quelli che ci sono .

  16.      L'incontro con un corpo affetto dalla mia stessa forma-di-vita, la comunità, mi mette in contatto con la mia propria potenza.

  17.      Il senso è l'elemento del Comune; ogni evento, in quanto irruzione del senso, instaura un comune. Il corpo che dice "io" in verità dice "noi". Il gesto o l'enunciato dotati di senso ritagliano nella massa dei corpi una comunità determinata , che bisogna anzitutto assumere per poter assumere questo gesto, questo enunciato.

[tratto da Introduzione alla guerra civile , titolo originale Introduction à la guerre civile , tratto dal secondo numero della rivista Tiqqun , ottobre 2001
per leggere tutto il testo:

http://www.disgiunzioni.it/guerrecivile1.htm ]

Seconda tappa

Sotto l'impero, dunque, il design e l'urbanistica inscrivono direttamente nelle cose l'unità del mondo divenuta problematica. Essi sagomano il "mondo sensibile" completamente nuovo. I mass media inventano a flusso forzato il linguaggio comune del giorno. I differenti "mezzi di comunicazione" mettono a disposizione, in ogni momento, l'insieme di ciò che noi abbiamo sempre-ormai abbandonato , e che chiamiamo ancora, assurdamente, "nostro prossimo". La cultura, infine e lo spettacolo, ci garantiscono l'esistenza di ciò che possiamo vivere e pensare, e che non facciamo più che intravedere. E' così che localmente, testa attraverso testa, casa per casa, centro città per centro-città, si congegna la metropoli imperiale, si ricostruisce un universo apparentemente stabile, credibile, del consenso, una aisthesis : una percezione comune del mondo. L'impero è questa fabbrica del sensibile planetaria. E proprio come la religione pretendeva di unire gli uomini con il divino quando in realtà li teneva separati, la religione sensibile dell'impero, che pretende di ricostituire l'unità del mondo, dopo la sua base, dopo il locale , non fa che fissare in ogni luogo ed in ogni essere una nuova separazione: la separazione fra l'uso ed il dispositivo. L'estetica si impone allora su scala globale come impossibilità di qualsiasi uso . L'opuscolo di una esposizione recente a Bordeaux annunciava, facendo l'occhiolino: "Quello che vi si vende al supermercato, gli artisti lo trasformano in opera d'arte." Si vede come solo l'estetica giunga ad adempiere all'impossibilità d'uso contenuta in ogni merce, giunga a convertirla, dietro ad una vetrina o nel cuore di un' "installazione", in un puro valore di esposizione . In estremo, il programma estetico mira ad estendere   questa scissione all'uomo stesso, di incorporargli il dispositivo, di renderlo l'utilizzatore di se stesso. Comprendiamo facilmente che la disposizione biopolitica a temerci come corpi, o quella, spettacolare, di specchiarsi come immagine, cospira a fare di noi gli utilizzatori di noi stessi. A fare di noi dei soggetti estetici.

[tratto da Le bel enfer, Il bell'inferno ]

Terza tappa

Il capitalismo come religione è il titolo di uno dei più penetranti frammenti postumi di Benjamin. Secondo Benjamin, il capitalismo non rappresenta soltanto, come in Weber, una secolarizzazione della fede protestante, ma è esso stesso essenzialmente un fenomeno religioso, che si sviluppa in modo parassitario a partire dal Cristianesimo. Come tale, come religione della modernità, esso è definito da tre caratteri: 1. E' una religione cultuale, forse la più estrema e assoluta che sia mai esistita. Tutto in essa ha significato solo in riferimento al compimento di un culto, non rispetto a un dogma o a un'idea. 2. Questo culto è permanente, è "la celebrazione di un culto sans trêve et sans merci ". Non è possibile distinguere, qui, tra giorni di festa e giorni lavorativi, ma vi è un unico, ininterrotto giorno di festa, in cui il lavoro coincide con la celebrazione del culto. 3. Il culto capitalista non è diretto alla redenzione o all'espiazione di una colpa, ma alla colpa stessa. "il capitalismo è forse l'unico caso di un culto non espiante, ma colpevolizzante...Una mostruosa coscienza colpevole che non conosce redenzione si trasforma in culto, non per espiare in questo la sua colpa, ma per renderla universale...e per catturare alla fine Dio stesso nella colpa...Dio non è morto, ma è stato incorporato nel destino dell'uomo.".

Proprio perché tende con tutte le sue forze non alla redenzione, ma alla colpa, non alla speranza, ma alla disperazione, il capitalismo come religione non mira alla trasformazione del mondo, ma alla sua distruzione.

[tratto da Elogio della profanazione , in G. Agamben, Profanazioni , nottetempo, Roma, 2005 ]

Quarta tappa

Il solo carattere del mondo che permette di misurare la realtà è il suo essere comune a tutti, e il senso comune occupa un posto così elevato nella gerarchia delle qualità politiche perché è il solo che fa aderire alla realtà complessiva delle cose i nostri cinque sensi strettamente individuali e i dati strettamente particolari che essi percepiscono. E' per merito del senso comune che le percezioni degli altri sensi sembrano dischiudere la realtà, anziché essere semplicemente avvertite come irritazioni dei nervi o sensazioni di resistenza del corpo. Una sensibile diminuzione nel senso comune in una comunità e un sensibile aumento di superstizione e credulità sono pertanto segni quasi infallibili di alienazione dal mondo.

Questa alienazione -l'atrofia dello spazio dell'apparenza e l'inaridimento del senso comune- è naturalemente più esasperata nel caso di una società di lavoratori che nel caso di una società di produttori. (...)

[tratto da H. Arendt, Vita activa. La condizione umana. , Bompiani, Milano, I ed. 1958, X ed. 2003]

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