I love my camera
M.N., P.P.
Come l'acqua, il gas o la corrente elettrica, entrano grazie a uno sforzo quasi nullo, provenendo da lontano, nelle nostre abitazioni per rispondere ai nostri bisogni, così saremo approvvigionati di IMMAGINI e di sequenze di suoni, che si manifestano a un piccolo gesto, quasi un segno, e poi subito ci lasciano. (1)
Gli anni '10 e '20 sono gli anni dell'affermazione della civiltà delle macchine, di cui la cinepresa è uno dei prodotti più noti, non a caso si chiuderanno con il volo di Lindbergh, la più esaltante fusione uomo-macchina che il mondo possa sognare. Non a caso su questo episodio si chiude il capolavoro di Buster Keaton The cameraman . Negli stessi anni, in Unione Sovietica una specie di "patto d'acciao" fra TECNICA e ideologia si prefigge di volgere in rovina il mondo capitalistico utilizzando le sue stesse invenzioni. E' questa la chiave per intendere correttamente l'esplicita esigenza di fondo della ricerca CINEMAtografica di Dziga Vertov, l'esigenza, cioè, di ristrutturare in un linguaggio filmico nuovo la VERITA' del reale, servendosi della capacità di uno strumento tecnico innovativo, storicamente determinato e quindi non neutro, con le stesse intenzioni scientifiche che guidano l'astronomo nell'uso del telescopio, o il biologo in quello del microscopio.
All'entusiasmo di Vertov, nel contesto sovietico, per le potenzialità rivoluzionarie del CINEMA ed in particolare del "cineocchio"(2), fa da contrappunto il disincanto di Buster Keaton che mette in scena l'uomo che da solo si batte contro una società caotica, meccanicistica, sempre più massificata. La maschera di Keaton è il prototipo dell'uomo piccolo, prigioniero di un mondo confuso che lascia sconcertati, da una parte desideroso di inserirsi nella società, e dall'altra incapace di farlo, di essere all'altezza dei miti fondamentali del suo tempo: la forza, l'intraprendenza del self-made-man , la potenza sessuale. Di fronte a questi miti, il comico (oltre a Keaton si può fare riferimento anche a Chaplin) si riscopre, come sempre, a suo modo, politico , mettendo in scena un conflitto fra individuo e società, e fra ciò che entrambi portano con sé.
L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov e T he cameraman di Buster Keaton, entrambi del 1928, sono due esempi emblematici di come il CINEMA, svelando se stesso, riveli le sue potenzialità di persuasione, di intrattenimento, di controllo, diventando l'interprete della società contemporanea, la cui REALTA' comincia a fondarsi sulle IMMAGINI in un processo, tutt'ora in corso, di spettacolarizzazione della vita fondato sulla TECNICA.
Ultimo arrivato tra tutte le meraviglie della scienza e della TECNICA -nel 1895 vengono scoperti i raggi x, la radiotelefonia e la psicanalisi- il CINEMA si affaccia sul ventesimo secolo con la decisa intenzione di diventarne al più presto il sovrano, di costituirne il punto di riferimento più importante. Nel giro di un paio di decenni diventerà addirittura la metafora della modernità e dei ritmi vertiginosi della vita urbana e metropolitana. (3)
In L'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità TECNICA (4) (1935-36), Benjamin sostiene che una tale riproducibiltà opacizza l'aura dell'arte, la sua unicità, autenticità, autorevolezza, "distanza", e che questo svilimento "emancipa" l'arte dalla sua base ritualistica, "porta le cose più vicino alle masse". Per Benjamin questa diminuzione della distanza possiede un potenziale liberatorio in quanto permette alla cultura di farsi più collettiva. Ma possiede anche un potenziale ideologico, in quanto permette alla politica di diventare più spettacolare. Queste considerazioni sono state raccolte trent'anni dopo da Guy Debord che giunge a definire la nuova civiltà delle macchine come "la società dello SPETTACOLO".
In definitiva però la società dello SPETTACOLO ha continuato ugualmente il suo corso. Procede in fretta, perché nel 1967 aveva poco più di una quarantina d'anni dietro di sé; ma spesi assai bene.
(...)
Nel 1967 distinguevo due forme, successive e antagonistiche, del potere spettacolare: quella concentrata e quella diffusa. Entrambe aleggiavano sulla società reale, come suo scopo e sua menzogna. La prima, mettendo in risalto l'ideologia riassunta intorno a una personalità dittatoriale, aveva accompagnato la controrivoluzione totalitaria, sia nazista che stalinista. L'altra incitando i salariati a effettuare liberamente le loro scelte tra una grande varietà di merci nuove in competizione, aveva costituito quell'americanizzazione del mondo che per certi aspetti spaventava, ma soprattutto affascinava i Paesi in cui le condizioni delle democrazie borghesi di tipo tradizionale avevano potuto mantenersi più a lungo. Successivamente si è costituita una terza forma, attraverso la combinazione ragionata delle due precedenti, e sulla base generale di una vittoria di quella che si era mostrata più forte, la forma diffusa. Si tratta dello SPETTACOLO integrato , che tende ormai a imporsi su scala mondiale. (5)
L'uomo con la macchina da presa e The cameraman descrivono due declinazioni diverse di appropriazione della REALTA' rappresentata attraverso il mezzo CINEMAtografico: i cameramen protagonisti dei due film si muovono in contesti culturali e politici contrapposti che hanno come denominatore comune uno sviluppo fondato sulle macchine. Le due declinazioni sono necessariamente collegate a questi due orizzonti ideologici a cui i lavori di Vertov e Keaton fanno riferimento senza esserne schiacciati. Vertov realizza L'uomo con la macchina da presa per il VUFKU (Comitato Panucraino per il CINEMA e la Fotografia), legato al potere centrale di Mosca (6). The cameraman sarà invece il primo film di Buster Keaton prodotto dalla MGM (7).
Nell'Unione Sovietica dei primi anni venti la parola d'ordine dominante è l' Ottobre delle arti , ossia la realizzazione nel campo del lavoro intellettuale e della produzione artistica di un processo omogeneo e correlato alla Rivoluzione d'Ottobre. L' Ottobre delle arti implica non solo una trasformazione radicale dell'arte, ma anche un cambiamento nella struttura del lavoro intellettuale e nella funzione dell'artista. Nel grande e variegato progetto dell' Ottobre delle arti confluiscono soprattutto le teorie e la pratica del costruttivismo, che rifiuta l'arte e la tradizione legata alla rappresentazione simbolica dell'uomo, per affermare l'idea di una produzione materiale-intellettuale capace di oggettivare le pratiche e il mondo della concretezza materiale tecnologica e della nuova ingegneria sociale.
Dziga Vertov sviluppa una pratica sperimentale, coordinata ad un'importante attività di polemista e di teorico. Vertov elabora il progetto più radicale di Ottobre del CINEMA , integrando sistematicamente teoria e pratica CINEMAtografica. Scrive manifesti nello stile d'avanguardia, riprendendo temi e miti del futurismo italiano oltre che del costruttivismo, ma nello stesso tempo organizza il gruppo dei kinoki, impegnati a documentare la REALTA' sovietica e il processo di costruzione del socialismo. Vertov esalta le potenzialità della macchina da presa e dello sguardo meccanico, questo si riscontra emblematicamente ne L'uomo con la macchina da presa , a questo proposito si considerino in particolare le sequenze di montaggio in cui agli abituali virtuosismi delle riprese di Kaufman si associa il trascendimento dei limiti spaziali grazie alla giustapposizione di IMMAGINI provenienti da contesti diversi. (8)
Il decennio americano che si colloca tra la fine della prima guerra mondiale e la grande crisi del 1929 vede, invece, il consolidamento dell'industria CINEMAtografica hollywoodiana, che perfeziona le proprie basi strutturali definendo un vero e proprio sistema capace di creare e diffondere prodotti riconoscibili e inconfondibili, in grado di imporsi a livello internazionale (lo stesso sistema che dopo The cameraman schiaccerà il talento di Keaton). Il CINEMA hollywoodiano, nel corso degli anni Venti, diventa così modello universale, veicolo di miti, ideologie, paesaggi e iconografie che presentano al mondo intero l'"american way of life": Hollywood diventa la grande "fabbrica dei sogni" del capitalismo. Una fabbrica, nel senso letterale del termine, che almeno per altri tre decenni permetterà ad un pubblico geograficamente, socialmente e culturalmente variegato, di immedesimarsi nelle vicende di eroi ed eroine di celluloide cui si vorrebbe somigliare.
Keaton si innesta in questa tradizione affermando una poetica dell'isolamento individuale e dell'assurdo, in cui alla logica della rappresentazione di uno spazio eccessivo o troppo limitato rispetto alle possibilità di controllo dei personaggi, si integra una riflessione sul mezzo CINEMAtografico e sulla sua incidenza psicologica e sociologica sull'individuo (come accade in La palla n. 13 , oltre che in The cameraman ). Proprio il riferimento alla riproduzione meccanica della REALTA' specifica del CINEMA consente a Keaton di sviluppare un discorso sul senso di definitiva alterità dell'individuo nella società tecnologica. Il contrasto assoluto tra il soggetto e il mondo viene significato dalla logica produttiva del CINEMA, per cui viene rifiutato il materiale creativamente irregolare "umano" (inquatrature capovolte, sovraimpressioni ecc..) girato dall'operatore e accettato invece quello regolarmente "bestiale" girato dalla scimmia. C'è da dire che in Keaton, a differenza di Chaplin, non ci si trova mai di fronte alla demonizzazione delle macchine. Il comico americano si avvicina ad esse con l'approssimazione e l'inesperienza di un principiante, ma anche con il suo entusiasimo: non bisogna avere paura delle cose, bisogna usarle. Il discorso si complica se si osserva, come hanno fatto diversi studiosi, che le sequenze rifiutate in The cameraman sono riprese d'avanguardia, alla Dziga Vertov , mentre quelle della scimmia sembrano riprendere il più piatto stile hollywoodiano. In questo modo Keaton ci propone due modi diversi di usare la stessa macchina, entrambi funzionali alla rappresentazione della stessa storia.
A Hollywood l'opulenza era sotto gli occhi di tutti. Attori e registi ricevevano salari mai visti nello show-business né in qualunque altra industria. Perché questo eravamo diventati: un'industria che invadeva il mondo. Si facevano affari senza sosta, su una scala in grado di far piangere d'invidia i più grandi finanzieri (1960) (9)
Una critica al CINEMA, molto simile alla precedente, è stata e continua ad essere formulata da tutti coloro che cercano di immaginare un linguaggio nuovo per le IMMAGINI in movimento.
Penso, prima di tutto, che il CINEMA sia troppo ricco. E' obeso. Esso ha raggiunto i propri limiti, il suo massimo. Nel momento in cui tenterà di crescere oltre, il CINEMA esploderà. Soffrendo di un caso di congestione, questo maiale farcito di grasso si spappolerà in mille pezzi. Annuncio la distruzione del CINEMA , il primo segno apocalittico della disgiunzione, della frattura di questo organismo gonfio e panciuto chiamato CINEMA. (10)
Oltre e insieme al CINEMA "il video è davvero una questione aperta . Abbiamo deciso così di affrontarlo indirettamente, attraverso il CINEMA (il che non la rende più semplice). Non il CINEMA contro (versus) il video, ma il CINEMA e (con) il video, i due insieme, nello stesso tempo, all'orizzonte di un solo e contemporaneo sguardo [nella trasformazione continua della TECNICA]. CINEMA e video: compenetrazioni ." (11) Le istanze sperimentali del CINEMA di Vertov e Keaton nascono da esigenze comuni a quelle attuali, esse ispirano le IMMAGINI di oggi e, in modo più consapevole, alcune forme di distacco critico nei confronti di esse. Le IMMAGINI degli operatori di guerra, quelle che documentano l'attualità, quelle della vita di tutti i giorni, sono visioni quotidiane dello spettatore televisivo che Keaton e Vertov annunciano attraverso il CINEMA. Per quanto riguarda il distacco critico, invece, la videoarte, sin dalle sue origini, si misura, sia sul piano teorico che su quello tecnologico, con il linguaggio e il mezzo che utilizza, riconsiderando istanze già presenti in Vertov e Keaton.
I pionieri del video (come del resto quelli del CINEMA di ieri e di oggi) vivono a stretto contatto con le macchine: costruiscono laboratori, inventano apparecchi e dispositivi tecnici (la cinepresa meccanizzata di Michael Snow, il video-sintetizzatore di Paik-Abe [usato anche da Chris Marker per Sans Soleil ], il vidigrafo di Grifi, il "Digital Image Articulator" di Schir-Vasulka...). La macchina diventa una protesi metaforica e reale del corpo, è umanizzata. [...] Intimità con gli strumenti e la TECNICA, interesse per la macchina della visione indirizzato a nuove possibilità di linguaggio, a nuovi modi di vedere (comprendere) le cose, a sgombrare la percezione dagli stereotipi dell'abitudine. "Noi non possiamo rendere migliori i nostri occhi di quanto essi non siano, ma possiamo perfezionare ininterrottamente la macchina da presa" (Vertov). Il cineocchio come occhio della macchina, occhio più perfetto di quello umano. (12)
"In nessun altro campo come in quello dell'elettronica poesia e TECNICA camminano tenendosi per mano" (13)
Vertov: "io sono il cine-occhio. Io sono l'occhio meccanico. Io macchina, vi mostro il mondo, tale come soltanto io posso vederlo. Io libero me stesso da oggi per sempre dall'immobilità umana, io sono il movimento incessante, io mi avvicino e mi allontano dagli oggetti, io striscio sotto di loro, io mi arrampico su di loro, io avanzo accanto al muso di un cavallo che corre, io piombo a tutta velocità nella folla, io corro davanti ai soldati che caricano, io mi rovescio sul dorso, io mi sollevo assieme agli areoplani, io cado e mi innalzo con i corpi che cadono e si innalzano [...] Liberato dai limiti temporali e spaziali, io confronto ogni punto dell'universo con la posizione in cui l'ho fissato. La mia strada porta alla creazione di una percezione attuale del mondo. Ecco io decifro in modo nuovo un mondo a voi sconosciuto." (14)
In The cameraman l'occhio della cinepresa attivato dalla scimmia salva il protagonista riaffermando un principio di VERITA' fondato sulle IMMAGINI. Nel film di Keaton il rapporto tra la REALTA' e la sua registrazione è un rapporto che viene sovvertito dal fatto che la REALTA' è quella del CINEMA e della sua finzione. Il linguaggio apparentemente semplice, ma in REALTA' estremamente sottile e profondo di Keaton arriva a conclusioni molto simili a quelle di Vertov rispetto alla registrazione della REALTA'. Quando in The cameraman le IMMAGINI della battaglia e quelle del motoscafo vengono proiettate, gli spettatori-personaggi si ritrovano di fronte a un montaggio, ironicamente affine a quello di un tradizionale salvataggio dell'ultimo minuto: la VERITA' viene riaffermata nella finzione. Allo stesso tempo Vertov parla del CINEMA riferendosi alla possibilità di vedere un mondo nuovo, una REALTA' che si pone in rapporto dialettico con quella di riferimento. Quelli di Vertov e di Keaton sono sguardi che spingono a mettersi in discussione rispetto a qualsiasi appiattimento e acritica identificazione della REALTA' con la sua immagine.
Vertov: "Ricordo il mio esordio nel CINEMA. Un debutto singolare non si trattava di filmare ma di saltare dal ciglio di una grotta alta quanto un piano e mezzo di una casa. L'operatore aveva il compito di fissare il salto in modo tale che il mio tragitto, l'espressione del mio volto e tutti i miei pensieri fossero perfettamente visibili. [...] Dal punto di vista dell'occhio normale voi avreste visto il falso. Con l'occhio CINEMAtografico (aiutato da mezzi speciali, e nel nostro caso dal rallenty) voi vedete la VERITA'." (15)
Il trucco-commenta Frédérique Deveaux in proposito- sarebbe insomma da intendersi come un qualunque artificio che consente di dare un'immagine "come se", una visione manipolata che si è data come naturale. Il "procedimento", sarebbe al contrario il "come" il "quello attraverso cui" tale immagine è quel che è in opposizione a quello che sarebbe stata senza l'effetto in questione. In altri termini è quello che separa lo "SPETTACOLO" dal CINEMA vertoviano. (18)
In La società dello SPETTACOLO , come anche in In girum imus nocte et consumimur igni , due film di Guy Debord, le IMMAGINI fisse degli spettatori, spettatori ma anche personaggi, sono un esempio di come il vero (l'uomo e la sua vita) diventi un momento del falso (personaggi nello SPETTACOLO), l'unica VERITA' possibile è una VERITA' critica che afferma la finzione dichiarandola.
Sul piano delle tecniche quando l'immagine costruita e scelta da qualcun altro è diventata il rapporto principale dell'individuo col mondo, che egli prima guardava da sé da ogni luogo in cui poteva andare, evidentemente non si ignora che l'immagine reggerà tutto; perché all'interno di una stessa immagine si può giustapporre senza contraddizioni qualunque cosa. (19)
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NOTE
(1) P. Valéry, La conquista dell'ubiquità , in Scritti sull'arte , TEA, Cuneo, 1996, pag. 107
(2) ossia di un occhio più perfetto di quello umano in grado di cogliere ciò che altrimenti non potrebbe essere visto
(3) G.P. Brunetta, Il viaggio dell'icononauta , Marsilio, Venezia, 1997, pag. 446
(4) W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità TECNICA , Einaudi, Torino, 1966
(5) Commentari sulla società dello SPETTACOLO in La società dello SPETTACOLO di Guy Debord, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2004, pag. 190, 193-194
(6) Vertov potrà realizzare il suo film più sperimentale solo dopo L'undicesimo , un film di propaganda dedicato alla costruzione della centrale idroelettrica del Dneper, la più grande d'Europa
(7) Keaton rimpiangerà la sua autonomia creativa tutta la vita: "Nel 1928", racconta, "commisi l'errore più grande della mia vita. Mi lasciai convincere da Joe Schenck, mio malgrado, a rinunciare ai miei studios per lavorare alla MGM." Da G. Cremonini, Buster Keaton , L'unità/Il Castoro, 1995, pag. 65
(8) L'intero montaggio del film è stato realizzato dalla Svilova
(9) Buster Keaton in G. Cremonini, Buster Keaton , L'unità/Il Castoro, 1995, pag. 6
(10) Dichiarazione del protagonista Daniel nel film Traité de bave et d'éternité (1951) di Jean-Isidore Isou che spiega le sue nuove idee sull' "arte del film" agli occasionali spettatori di un Ciné-club. Da T.Y. Levin, Dismantling the Spectacle: The CINEMA of Guy Debord , in AAVV, Guy Debord and the Situationist International. Texts and Documents , MIT, Massachusetts, 2002, pag. 338
(11) P. Dubois, M. Mélon, C. Dubois, CINEMA e Video: Compenetrazioni in S. Lischi, Cine ma video , ETS, Pisa, 1996, pag. 81
(12) S. Lischi, Dal cine-occhio al video-occhio: riflessioni sull'eredità di Vertov , in S. Lischi, Cine ma video , cit., pag. 29
(13) S. Lischi, C'era una volta CINEMA e video in S. Lischi, Cine ma video , cit., pag. 15
(14) Dziga Vertov, "Résolution du Conseil des Trois du 10-4-1923" in P. Dubois, M. Mélon, C. Dubois, CINEMA e Video: Compenetrazioni , cit., pag. 93
(15) Dziga Vertov in P. Montani, Dziga Vertov , Il Castoro CINEMA/La Nuova Italia, Bologna, 1975, pag. 22
(16) si pensi agli effetti e i movimenti di macchina sempre più astratti delle steadycam, delle louma ed in generale dei dispositivi a controllo remoto
(17) "Il 21 Luglio 1969, la Terra assiste affascinata, in diretta, ai primi passi dell'uomo sulla luna. IMMAGINI quasi mitologiche, che sono state spesso presentate come l'essenza simbolica della televisione ma che, quando oggi le riguardiamo con attenzione, ci danno l'impressione costante di essere ancora CINEMA. Benchè prodotte in perfetta assenza di gravità, vi si vede Armstrong (l'uomo in posizione eretta, verticale, di fronte a un mondo nuovo che si stende orizzontalmente davanti a lui), con l atelecamera in spalla, abbozzare da prima qualche panoramica descrittiva, poi esitare, voltarsi, cercare il buon angolo di ripresa, infine sforzarsi di rendere stabile l'immagine (l'orizzonte inorizzontale), usare il cavalletto, correggere l'inquadratura, comporre letteralmente la sua inquadratura fissa, tenendo conto della direzione della luce e degli elementi da far comparire in campo, il tutto seguendo le istruzioni dei tecnici "a terra" di Huston. Lavoro classico, insomma, di operatore e di direttore della fotografia (seppur a distanza indiretta) la cui finalità sembra essere proprio quella di fissare saldamente l'immagine, di darle una consistenza percettiva sicura e stabile, basata sulle nostre coordinate di riferimento spaziale. Lo spazio lunare che infine ci è dato vedere è filmato esattamente "come al CINEMA". Visione "terrestre" di un universo che non lo è." P. Dubois, M. Mélon, C. Dubois, CINEMA e Video: Compenetrazioni , cit., pag. 95
(18) S. Lischi, Dal cine-occhio al video-occhio: riflessioni sull'eredità di Vertov , pag.39
(19) G. Debord, Commentari sulla società dello SPETTACOLO , cit., pag. 206