E' iniziato in questi giorni, presso il Tribunale Penale Internazionale per
il Rwanda (Tpir) con sede ad Arusha (Tanzania) il processo di Padre Athanase
Serumba, un hutu di 41 anni, rifugiato in Italia, diventato viceparroco della
chiesa fiorentina dell'Immacolata di San Martino a Montughi ,accusato di istigazione
al genocidio della minoranza tutsi e di crimine contro l'umanità.
A mettersi sulle piste di Seromba è stata African rights, che sta preparando
un dossier grazie alla testimonianza di sopravvissuti e complici.
Il massacro prende le mosse dai tragici avenimenti dell'aprile 1994 quando
la maggioranza hutu passa all'offensiva. Quattro giorni dopo l'attentato del
6 aprile 1994 contro l'aereo del presidente Juvénal Habyarimana, il
prete - in accordo con le più alte autorità locali del comune
di Kivomu (regione di Kibuye, a est del Rwanda) - avrebbe ordinato il massacro
di oltre 2000 tutsi rinchiusi nella sua parrocchia di Nyange. Assieme al sindaco
Gregoire Ndahimana partecipa Iinfatti alle sessioni quotidiane di un ''Comitato
speciale per la sicurezza'' che pianifica lo sterminio finale dei tutsi che
si sono rifugiati nella chiesa di Nyange.
Il 13 aprile, la Chiesa rimase accerchiata
dai miliziani estremisti hutu e, intrappolati in un luogo dove speravano di
poter scampare al massacro, i tutsi furono uccisi. La colpa di Padre Serumba
riguarda la sua decisione di aver fatto venire un caterpillar davanti alla
chiesa per distruggerla. Dopo ripetuti colpi, il tetto crollò sui rifugiati.
Non centento, Serumba avrebbe fornito benzina per brucciare i corpi e l'intera
chiesa. Secondo il procuratore, nel luglio 1994 non rimase un sopravvissuto
tutsi.
Dopo il genocidio, Padre Serumba ha trovato rifugio in Italia nel 1997 per
proseguire le sue funzioni ministeriali nei dintorni di Firenze. Per anni,
l'allora procuratore capo del Tpir Carla Del Ponte esercitò pressioni
molto forti sul governo italiano affinché lanciasse un mandato di cattura
internazionale, ma senza esiti. Diventato un protagonista scomodo per le autorità pubbliche
italiane e la stessa Chiesa cattolica, Padre Serumba decise di consegnarsi
alla giustizia dell'Onu nel febbraio 2002 dichiarando non appena arrestato
la sua innocenza dai capi d'accusa che pendono su di lui.
Come altri 44 detenuti (sui 56 del tribunale), Padre Serumba ha deciso di boicottare
le udienze del suo processo per protesta contro l'eventuale trasferimento dei
dossier ancora aperti presso la magistratura ordinaria del Rwanda.